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“STORIE DI PIETRE A VENEZIA” - Conferenza Online
Introdotti dal Presidente del Gruppo Ermada Flavio Vidonis, Massimo Romita interverranno l’architetto Roberto Filipaz e direttamente da Venezia il Prof.ssore Lorenzo Lazzarini dello IUAV di VENEZIA che ci farà conoscere le pietre di Aurisina a Venezia. Riprese video di Linda Simeone delle Vie Delle Foto.
Una pietra usata nell’Alto Medioevo
veneziano, anch’essa da Altino, ma forse anche di cavatura primaria, è la
pietra di Aurisina, proveniente dalle cave dell’omonimo paese vicino a Trieste;
si tratta di un calcare compatto, fossilifero, molto impiegato nell’antichità
romana in tutta la parte centro-orientale della pianura padana, a ovest fino a
Milano, e a sud lungo la costa adriatica fino a Fano e nelle città romane
dell’altra parte dell’Adriatico, da Capodistria a Zara.
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- Approfondimenti
Il dato materiale:
natura e origine della pietra della lastra di S. Apollonia
- Lorenzo Lazzarini -
L’identificazione
della pietra costituente la stele conservata al Museo Diocesano di
Sant’Apollonia è stata ricavata da un attento esame autoptico delle sue
caratteristiche tessiturali, e dallo studio al microscopio polarizzatore di una
sezione sottile di un piccolo campione della stessa, prelevato da una sua parte
posteriore. Il primo esame ha consentito da subito la definizione di quanto in
oggetto grazie alla natura calcarea e tessitura massivo-compatta della pietra,
nonché alla presenza di una matrice color grigio chiaro, punteggiata da
bioclasti millimetrici di un grigio più scuro: caratteristiche, queste, tipiche
della pietra di Aurisina, dalle cave della località omonima in provincia di
Trieste.
L’analisi microscopica della sezione sottile ha confermato tale determinazione
e, date le caratteristiche composizionali riscontrate, in particolare: -
matrice da micritico a localmente microsparitica, con inglobati intraclasti
micritici per lo più subarrotondati; - dimensioni millimetriche dei bioclasti
di rudiste e lamellibranchi fossili, che appaiono formati da lamelle di sparite,
talora rimaneggiati e con abrasioni e dissoluzioni ai bordi. Si può
classificare la roccia come una intrabiomicrite, talora passante a una
intrabiosparite. Sulla scorta di quanto
sopra, si può ragionevolmente ipotizzare per la pietra della stele trattarsi
della varietà di pietra di Aurisina denominata “pietra romana”, i cui loci estrattivi
di cava erano variamente distribuiti nell’affioramento coltivato in età antica.
La pietra di Aurisina, località conosciuta in passato anche come Nabresina,
come è noto è la pietra di Aquileia e, in parte (assieme all’arenaria di
Muggia) di Tergeste. Non si conosce l’inizio del suo impiego in queste due
città romane, ma esso verosimilmente data già al II secolo a.C., quando
incominciò la loro monumentalizzazione. Essa è anche, in età imperiale, la
pietra più diffusa della X Regio Augustea, Venetia et
Histria, come dimostrano i numerosi manufatti trovati (sia elementi
architettonici, sia stele funerarie, miliari, ecc.) in un ampio triangolo che
congiunge Trieste con Pavia, e questa con Fano. È pietra comune ad Altino e a
Venezia, dove giunse in forma di spolia specialmente nei primi
secoli di vita della città lagunare, e il suo utilizzo proseguì almeno sino
alla fine del XIII secolo, quando venne sostituita dalla pietra d’Istria. La
pietra di Aurisina a Venezia è molto abbondante, non solo sotto forma di
manufatti romani reimpiegati e/o rilavorati, ma anche in cornici ed elementi
marcapiano di cavatura tardo-medievale, spesso inseriti in case e palazzi
veneto-bizantini. È interessante rilevare, ai fini della presente ricerca sulla
stele, come il sarcofago che attualmente contiene le spoglie mortali di San
Marco sito sotto l’altar maggiore della Basilica omonima, sia anch’esso di
pietra di Aurisina. Esso è moderno, posto nel XIX secolo in sostituzione
dell’originale che stava nella cripta, e che andò completamente distrutto dal
salso, ovvero il fenomeno ciclico di cristallizzazione del sale marino
derivante dal costante allagamento cui è sempre stata soggetta la cripta stessa.
Del sarcofago marciano originale non si sa con precisione la natura: da vecchie
cronache si deduce fosse probabilmente costituito da un calcare rosso di
Verona; secondo altre invece, il sarcofago era in verde antico, e ciò sarebbe
bene in accordo con l’utilizzo simbolico medievale di questo marmo per
sarcofaghi di imperatori e santi.
BIBLIOGRAFIA
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